martedì 28 febbraio 2012

Chi ha tempo non aspetti tempo

(nemmeno per esprimere ciò che si prova nel momento presente perché non si sa quali siano le possibili evoluzioni successive: leggere per credere)
Piangerei, piangerei in continuazione, questo vorrei fare per l’ansia che vivo, il peso che sento sul petto, questo non saper che fare per evitare di sentirmi inutile e, soprattutto, di perdere il tempo che già perdo abbastanza.
Il tempo… già!
I miei tempi sono diversi dalla media odierna, a volte mi stupisco di quanto mi ci voglia per fare una cosa; per altro mi rendo conto che per fare altre azioni mi ci vogliono effettivamente pochi secondi.
Andando per ordine, il tempo, per esempio, che mi ci vuole per prepararmi* il pranzo è di circa un’ora. Per questo a volte cerco di cavarmela in pochi minuti aprendo una scatoletta e riscaldando la verdura che ho avanzato, o precotto, il giorno prima.
Nella stagione fredda per vestirmi la mattina mi ci vuole un quarto d’ora abbondante, forse anche venti minuti, durante la stagione calda ne bastano dieci. Qui non c’è alternativa di ridurre i tempi, a meno che vada a dormire senza togliere vestiti e scarpe e allora basta lo spazio di un “hop!” per essere pronto.
Per dormire invece, per riposare bene, ma bene bene bene, mi ci vogliono dieci ore, ed è una goduria potersi svegliare a sonno compiuto. Ancora di più se, come capita in questi giorni di metà novembre, sogno una bella donna che si avvicina a me e si lascia accarezzare… Dopodiché mi sveglio e non so mai come va a finire.
Be’, sì, il tempo per salire e scendere dall’auto è decisamente cresciuto: estrarre il telecomando dalla borsa, accenderlo, aprire i portelloni (ma che macchina è?), fare uscire la pedana, abbassarla fino a terra, salirci, farla salire e poi rientrare dopo essere entrato nell’abitacolo (oh, guarda! certo che la tecnologia oggi…), chiudere i portelloni, portarmi fino al sedile di guida sul quale devo trasferirmi, girarlo, abbassarlo, avvicinarlo al volante, mettici pure il supporto laterale  per la gamba destra…mi ci vogliono…tre minuti buoni. (No, non è la versione economica di uno shuttle, è un combi!). I primi tempi, non essendo abituato, arrivavo agli appuntamenti un quarto d’ora dopo. Adesso arrivo (quasi sempre) in orario, tenendo conto che ci vuole lo stesso tempo per scendere dal mezzo, per cui allontana il sedile dal volante, alzalo, giralo, etc etc etc.
Mah! La vera mia perdita di tempo è pensare, in modo quasi costante, a cosa dovrò fare dopo. Forse il tempo è tutta un’immagine mentale. Sì, spesso ho l’impressione di rincorrere il tempo più che sfruttarlo: mi succede che, preso dall’ansia di concludere i “compiti”, salti dei passaggi, con la conseguenza che poi mi ritrovo letteralmente con il fiato corto. Prima o poi mi succederà che dimenticherò di accendere il motore dell’auto prima di partire.
Evito questo, e vivo più serenamente, quando mi rendo conto che il tempo che mi serve è il mio tempo caratteristico, solo mio, come lo sono le impronte dentarie o la voce appena sveglio; e ciò mi permette di non inseguire il tempo, ma di usarlo, soprattutto per esprimere le mie potenzialità e passioni che ora come non mai hanno bisogno di concretizzarsi.
Ed ora: via! Più veloce della luce verso la cucina, altrimenti oggi non riesco a rifarmi le unghie prima di trascrivere il risultato della ricerca che mi permetterà di presentare un pezzo di stoffa con cui avvolgere le briciole di torta avanzata da quello scansafatiche che pur di non perdere tempo evita (saggiamente) di aspettarlo!



(10 gennaio 2005)

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