mercoledì 29 febbraio 2012

Tutti a casa


Mi ha fatto riflettere sentire alla radio uno spot pubblicitario che proponeva di accendere un mutuo tramite internet, con tasso iper-agevolato e quote di rimborso irrisorie (che poi… accendere? ci si può anche bruciare!). 
L’era di internet sta cambiando il nostro sistema di vita, io stesso ne faccio uso quotidianamente. Ma se da un lato questo strumento è davvero utile per molte cose (studio, trasmissione dati, comunicazioni, etc.), dall’altro sembra togliere peso (e forse non per niente è virtuale) ad una serie di usi e costumi che hanno costituito in passato la salvaguardia di alcuni valori che ora sembrano passare in secondo piano. Ormai non c’è più bisogno di andare nei negozi per fare acquisti, o andare in banca per aprire un conto o per ottenere un prestito: no, basta accendere il computer (fisso, palmare o portatile che sia), collegarsi al sito preposto e fare tutto comodamente da casa. Certo, per una persona carrozzata o con difficoltà motorie, visti i problemi di mobilità che si possono presentare, può essere un vantaggio poter svolgere alcune attività senza spostarsi. Ma al di là del fatto che si possa fare meno strada, meno code, limitare lo stress, e trovare magari delle cose più particolari che producono solo al di là dell’oceano, ciò che più di tutto viene a mancare è il rapporto umano, la possibilità di chiedere a voce chiarificazioni su un prodotto o su un altro, sapere da una persona in carne ed ossa se sarà possibile trovare qualcosa che in quel momento non può fornire, instaurare un rapporto di fiducia con il libraio, il tecnico, il benzinaio. Vero è che a volte (oppure spesso) chi è preposto a fornire un servizio fa di tutto, anche dare le risposte nel modo più accattivante possibile, perché il potenziale cliente alla fine di una qualsiasi trattativa giunga all’acquisto o alla sottoscrizione del contratto. E quindi forse, anche per questo, si tende a voler fare le cose per proprio conto, pensando di poter trovare finalmente tutte le informazioni necessarie e capire in prima persona cosa significhi fare un’operazione piuttosto che un’altra.
Tolta l’utilità di alcune opportunità che internet può offrire, il resto mi mette un po’ di tristezza, in particolare questa tendenza a rinchiudersi fra le mura della propria casa e ridurre al minimo i contatti umani (per un aspetto diverso succede anche nei luoghi molto - a volte troppo - frequentati, vedi centri commerciali o locali con la musica alta). Sembra che si voglia circoscrivere il più possibile il proprio mondo ed evitare che qualcuno o chicchessia ci rompa le uova nel paniere. C’è una visione sempre più delimitata della realtà e basata sulla ricerca della maggior convenienza in ogni aspetto della vita.
Per fortuna c’è ancora chi crede nel contatto umano, nella relazione a tu per tu e che, per es., ama farsi consigliare nella scelta dei libri, o vuole sentire la spiegazione di tutte le funzionalità di un elettrodomestico dalla viva voce del negoziante (sempre che sia una persona disponibile), o si lascia magari coinvolgere dal panettiere in una chiacchierata.
Mi auguro che questa sia solo una fase di passaggio, di crisi di modelli che hanno bisogno di essere riletti e reinterpretati, per giungere ad un nuovo livello evolutivo (qualche piccolo segnale c’è già) che abbia come presupposto il desiderio di mettersi in gioco fino in fondo, dandosi l’opportunità, non solo di vivere una vita più semplice, ma anche di conoscere meglio le proprie vere e reali potenzialità, che oltre ad essere utili alla comunità, possono renderci più felici.
 
(13 dicembre 2006)

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